
Il 4 novembre, in occasione della festività di San Carlo Borromeo, piace a noi ricordare la figura del primo grande Re della dinastia Borbone, ovvero Sua Maestà il Re Carlo cui erroneamente la vulgata attribuisce il numero terzo ma che in realtà fu Carlo primo di Napoli.
Illuminato quasi come da luce divina, fu il sovrano che iniziò il percorso evolutivo del Regno di Napoli, restituendolo alla dignità di Regno indipendente da altre potenze straniere che per oltre duecento anni l’avevano ridotto alla condizione di colonia avendo devastato la sua economia.
Come primo atto del Suo Regno, Re Carlo decise di mettere ordine nei quadri dirigenziali dello Stato e rimettere in sesto l’economia l’industria e le arti, creando posti di lavoro e autonomia imprenditoriale in un popolo vessato da secoli di malgoverno. Espresse sin da subito la Sua onestà e carità: al suo matrimonio gli eletti della città di Napoli gli offrirono una somma di soldi a nome del popolo napoletano e Lui, di risposta, affermò che se tale somma fosse derivata da tasse e da imposte alla povera gente, non avrebbe mai potuto accettare quel dono; lo avrebbe invece volentieri accettato laddove fosse stato certo che provenisse da spontanee offerte del Suo popolo.
Tante sono le opere architettoniche che immaginò e fece realizzare, come la Reggia di Caserta, quella di Portici e Capodimonte, le quali non furono pensate da Re Carlo per soddisfare futili vanità ma, di fatto, per creare nuovi posti di lavoro e collocare così il Regno in quel posto di prestigio e di potenza che gli spettava di diritto, fino a raggiungere lo status di Terza Potenza Europea, dopo Inghilterra e Francia.
Ma il 4 novembre è anche l’onomastico di Sua Altezza il Principe Carlo di Borbone, Duca di Castro e Gran Maestro del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, che in prosecuzione del suo Regale Avo, continua l’opera di concreta assistenza e sostegno dei più deboli e bisognosi. Sono numerosissime le attività benefiche che Sua Altezza ha intrapreso attraverso l’Ordine Costantiniano di San Giorgio, il più antico Ordine Cavalleresco i cui meriti sono stati riconosciuti dal Vaticano e dall’ONU, oltre che dallo Stato Italiano. Sua Altezza Reale il Principe Carlo si è meritato – così come il Suo avo oltre duecento anni fa – il rispetto e la stima dei potenti della terra e dei più umili: dal Papa e dai Capi di Stato così come parimenti dai minimi e dagli ultimi.
Il nostro Delegato Pierluigi Sanfelice si lascia andare all’onda dei ricordi, e dice: “La prima volta che vidi il Principe Carlo fu a Gaeta, e con Lui c’era anche Roberto Selvaggi. Mi colpì molto – di quel ragazzo, perché un ragazzo era allora – la familiarità con la quale si rivolgeva a conoscenti e persone che lo incontravano anche per la prima volta; bene, quel “giovane” mi piaceva!
Fu Achille di Lorenzo, invece, a chiedermi di entrare nel Costantiniano, e lo feci immediatamente, con slancio, sentendomi onorato di entrare a far parte di quel prestigioso e antichissimo – il più antico che si conosca – Ordine.
C’erano Gian Battista Sersale, Alessandro d’Aquino, che già conoscevo, e poi Marino Caracciolo, Francesco d’Avalos, Titta Carignani, Renato Paternò, Antonio Buccino. Ero notevolmente più giovane di questi amici che mi vollero anche alla Cappella del Tesoro di San Gennaro, e poi al Pio Monte della Misericordia con Paolo Marigliano, Roggero Morra, Carlo Frezza, Carlo di Somma, Riccardo Sersale. Tutti loro erano Cavalieri Costantiniani, ed io potei contare sull’amicizia di Emilia Acton, Franca de la Tour, Isabella Boiano, Giorgio Castriota,
Al Circolo dell’Unione c’era un gruppo di amici e parenti come Diego de Vera, Piero Piromallo, Oddone Colonna, Gelasio Gaetani.
Erano questi i gruppi che animavano le tradizioni di Casa Borbone delle Due Sicilie, con Giancarlo Gaetani, Giuseppe Giannuzzi, Carlo Musitano, Anna Paterno, Francesco Capece, Fra Giuseppe Maresca, Michele Imperiali, Antonino Maresca, Giovanni Valiante, Luigi de Angelis, Alfonso Paternò.
Con tutti loro mi sentivo a casa perché condividevamo nel profondo uno stesso sentire ed una stessa vicinanza, che mi portò ad avere l’onore di incontrare Ferdinando Duca di Castro, con la Duchessa Chantal, e la Principessa Urraca di Borbone, vera napoletana doc.
Quel periodo fu reso stimolante anche dalle esternazioni di Mauri Mori, profondo conoscitore di araldica, che pur di dire sempre quel che pensava su questi argomenti non riscuoteva un unanime consenso.
Oggi nessuno di queste persone è vivente, ma li ricordo tutti con grande tenerezza.
“La più fredda tomba dei morti – scriveva Sant’Agostino – è il cuore dei vivi quando li dimentica”.
Ma io sono sicuro che il nostro Gran Maestro, che S.A.R. il nostro Principe Carlo non li ha dimenticati, e che molti di loro sono restati impressi nel suo cuore come parte imprescindibile della sua Napoli.
E allora, idealmente ancora con loro, alziamo il calice e diciamo tutti: auguri Altezza, viva l’Ordine Costantiniano, viva Casa di Borbone delle Due Sicilie.”