
Il 5 giugno è scomparso Mario d’Urso, Commendatore di Grazia cooptato motu proprio da S.A.R. il Principe Carlo di Borbone delle Due Sicilie. Poco si può aggiungere a tutto quanto è stato scritto e raccontato di quest’uomo che ha vissuto per settantacinque anni con ironia e levità, ma anche con grande senso del dovere e delle Istituzioni, tra i grandi del mondo con una travolgente vitalità, e con una “signorilità del cuore” – oltre che dei modi – come pochi purtroppo ancora possiedono.
Lasciamo dunque che ne parli il nostro Delegato Pierluigi Sanfelice di Bagnoli. “Non ricordo quando Mario ed io ci siamo conosciuti, e soprattutto in che occasione. Ciascuno è entrato nella vita dell’altro in maniera prepotente. Forte, simpatico e signore, Mario era un “bon vivant” e soprattutto un gran gentiluomo. Intorno agli anni ‘90, quando mi compiacevo di fare assaggiare il piatto inventato dal mio antenato Carlo Emilio Capomazza – i “maccheroni alla Campolattaro” – a gruppi di cinquanta persone per volta provenienti da tutte le parti d’Italia, Mario, colpito dalla particolarità del piatto che gli stavo narrando nella telefonata d’invito, volle che invitassi anche la sua cara amica Susanna Agnelli, con la quale stabilimmo poi un simpatico rapporto di amichevole frequentazione.
Mario veniva a Napoli spesso, e in compagnia di tanti personaggi i più diversi, specie in occasione delle festività di San Gennaro. Ricordo quando Suni Agnelli e Mario presero parte per la prima volta alle preghiere propiziatorie per la liquefazione del Sangue; quando il prodigio si verificò rimasero entrambi trasecolati; Susanna baciò la Teca che il Cardinale Giordano le porse, visibilmente emozionata e felice – eravamo reduci da oltre un’ora di preghiere che si facevano sempre più incalzanti e pressanti – mentre Mario mi guardava con gli occhi spalancati come a dire: “è vero?”.
Un’altra volta, nel settembre del ’95, con lui venne la Presidentessa Mondiale dei Rifugiati, Ente facente parte dell’Organizzazione Mondiale delle Nazioni Unite, una bella e simpatica signora araba, la quale fu molto colpita della fede dei napoletani e si emozionò visibilmente.
Ma, senz’altro, l’incontro avvenuto nei primi giorni di settembre del 1996 si rivelò molto singolare per noi tutti. Mario d’Urso accompagnava a Napoli la Principessa Margaret, sorella di Sua Maestà la Regina Elisabetta II di Inghilterra; Mario mi chiamò al telefono qualche giorno prima, raccontandomi che avrebbe accompagnato a Napoli l’illustre Principessa e chiedendomi che programma avrei potuto suggerirgli. E qui San Gennaro mi venne incontro, e proposi a Mario di portare l’illustre ospite nella Cappella del Tesoro per una visita guidata. Arrivarono di buon’ora in Cappella, ed io non avevo saputo che tutte le statue erano oggetto di restauro, e che quindi erano state rimosse dal loro sito originale e si trovavano a terra. Venti dei cinquantadue busti d’argento ingombravano il camminamento del sacro luogo, e chi conosce le dimensioni di questi sacri oggetti fa presto ad immaginare cosa può avere provato la Principessa nel trovarsi davanti tutto quel ben di Dio! Girò curiosa e stupefatta zigzagando tra i busti, e non riuscendo – giustamente – a capirne il perché, pensò che forse le avevamo messe lì per fargliele meglio vedere! “Silver?”, chiese Margaret, e alla risposta che erano tutte d’argento massiccio la regale ospite con un cenno della testa affermò “ho capito” e proseguì, ancora perplessa fra le magnifiche opere di scultura, e quelle di pittura, che le si paravano davanti. Anche Mario non aveva inteso cosa fosse accaduto, ed io restai a questo “gioco delle incertezze” e mi gongolavo all’idea che, come me, tutti eravamo vittime di un evento che aveva quasi del soprannaturale. La nostra mattinata si concluse con una colazione che offrii alla regale comitiva. E Mario al momento del commiato non ebbe abbastanza parole per ringraziarmi, così come fece S.A.R. che mi gratificò dopo qualche giorno con una lettera di ringraziamento tutta di suo pugno.
Con Mario abbiamo vissuto decine e decine di altri incontri divertenti e simpatici, come quando lo invitai, la sera dell’ultimo dell’anno, in piazza del Plebiscito. Tutti in smoking secondo le migliori tradizioni, in un’area riservata dietro il palco con le Istituzioni in gran parata. Mario per l’occasione, sotto il suo tradizionale smoking, aveva un bel paio di scarpe da tennis slacciate, mettendo in crisi le mie tradizionali pumps di vernice nera.
Dell’uomo politico ricordo che il Senatore Mario d’Urso, già Sottosegretario agli Esteri del Governo Dini, svolgeva la sua campagna elettorale a favore degli altri suoi compagni di cordata, offrendo cene e quant’altro, e forse pensando che anche gli altri candidati avessero fatto altrettanto in suo favore: non fu così.
L’ultima volta che ho visto Mario a Napoli, era felice e sorridente come sempre: fu al Gambrinus, dove aveva offerto un vin d’honneur al Principe Carlo di Borbone e ad un gruppo di amici napoletani. Non l’ho più sentito da quel giorno, avrei voluto farlo perché avrebbe avuto certamente una novità da raccontarmi.
La novità, purtroppo, non me l’ha raccontata.
Ciao, Mario, “alla prossima”.